Il nostro intervento per il 25 aprile – Senigallia antifascista
Il nostro Paese è posto al sud dell’Europa, così vicino a quella parte di mondo chiamata “sud”, che è un mondo fatto di carestia, di deprivazione. Un mondo di povertà e di torture. La Libia è un inferno difficile da attraversare anche per chi ha dentro di sé il fuoco acceso dalla voglia di raggiungere i propri sogni. Noi accogliamo i ragazzi e le ragazze, le famiglie e i bambini, che sono passati attraverso il male più oscuro e brutale, uomini picchiati, seviziati, violentati. Una violenza esteriore e ben visibile, fatta di ossa rotte e lacerazioni, ma anche una violenza interiore, che non si cura non i cerotti. Nei loro occhi vediamo una disperazione tale che è impossibile restare indifferenti. Tutti dovrebbero provare a guardare dentro quegli occhi: non ci sarebbe più chi afferma “ci rubano il lavoro”, “ci danno fastidio”, “cosa vogliono?”. Noi, noi di Caritas ma tutti noi, abbiamo il dovere di afferrare la mano di chi sta affondando. Il dottor Pietro Bartolo, medico di Lampedusa e grande combattente, ce lo ha ripetuto con la sua passione unica e travolgente durante i suoi incontri con la cittadinanza Senigallia. Non possiamo tacere, dobbiamo gridare il nostro rancore per chi approfitta della debolezza per giocare con la vita umana. Non permettiamo che vengano eretti muri, fili spinati, barriere. Tutto questo è disumano e aberrante.
Oggi lottare per noi significa essere un porto sicuro per le ragazze nigeriane vittime di tratta, per i rifugiati e richiedenti asilo che cercano protezione, per i bambini vittima di razzismo perché hanno la pelle nera, per le mamme escluse da una vita professionale perché hanno figli, per il padre che ha perso il lavoro e non sa più come essere sostegno per la sua famiglia, per la donna vedova che mangia solo una volta al giorno perché la pensione non basta. Esserci per i più deboli, per gli emarginati: è troppo facile tagliare fuori qualcuno dalla società, soprattutto quando è fragile e non ha i mezzi per combattere. La nostra lotta è sul piano intellettuale, perché abbiamo conoscenza, memoria e una lunga storia di amore verso il prossimo. Vogliamo una città, un Paese, un’Europa libera e pacifica, fatta di diversità che coesistono, che dialogano, che non temono di dire la loro origine e che amano la loro storia. La lotta per noi è anche spazio interiore, dove la libertà di pensiero e il castello di valori di ognuno sono fondamentali e vanno rispettati, sempre. Il nostro impegno, quello dei nostri volontari, è personale e civile e ne andiamo fieri. Sappiamo bene quanta forza ci sia nel volontariato, che sobbolle come un vulcano, silenzioso e sotterraneo, portando con sé l’energia necessaria per dare aiuto e provare a cambiare questo Paese che talvolta sembra alla deriva.
La nostra resistenza non impugna le armi ma usa la cura e la gentilezza. Per le persone. Per gli uomini, le donne, i bambini. Deboli, poveri, dimenticati. Noi non smetteremo di amare gli ultimi e di provare a dar loro gli strumenti per costruirsi una vita dignitosa. Noi vogliamo avere, in ogni momento, cura di loro.